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Giorgia Sandoni Bellucci - Official Website | Ehi, trottola.
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Ehi, trottola.

Ehi, trottola.

L’arte è come una macchina fotografica di futuristica generazione: come uno strumento plurisensistico che ti permette di immortalare i momenti della tua vita esattamente come li vedi, li senti, li ascolti, li assapori in quel preciso momento.

Il portfolio di un creativo non è fatto di semplici foto ricordo; ma di atmosfere, suoni, particolari stati d’animo e di persone che te li suscitano. Ogni singola sfumatura della composizione cui scegli di dar forma, trova sempre corrispondenza in un frammento della tua vita personale, nell’accavallarsi delle tue viscere. Una creazione ti nasce in grembo come un bambino: va accudita e cresciuta giorno per giorno con amore e istinto materno. Una volta che hai partorito un’idea, il pensiero di darle sostanza diventa frenetico, morboso, costante: vivi di lei e per lei. Respiri, ti guardi attorno, scrivi per dare espressione alla tua vita. Per lanciare a due mani ogni tua singola rappresentazione lassù in mezzo all’universo insieme alle altre. In modo che un giorno tu possa ammirarle tutte insieme e dire: “ah ecco, quindi alla fine l’hai capito cosa diavolo c’hai dentro!”.

E anche se questo significa condividere la tua visione con gli altri, in realtà crei sempre per te stesso. Lo fai per ricomporre i pezzi. Per darti un senso. Un appagamento. Crei, per ritrovarti. Perché non sapresti trovare il tuo posto nel mondo, senza.

Succede soprattutto di notte, al sicuro.

Nel momento in cui sei immerso in uno di quei silenzi che fanno rumore.

Solo.

Si può dire che poco a poco la solitudine diventi il tuo habitat naturale: una necessità inalienabile, un vizio dolcissimo. Un modo di percepirti, che finisce per accompagnarti persino tra la gente; che ti consente di osservarla e studiarla, come se tu ti trovassi lo stesso in disparte e le persone restassero lì accanto a te: meravigliose e distanti, come preziose reliquie indispensabili per produrre parte di quel senso che vai cercando.

E allora tu continui: vai, le conosci, le ami, ogni tanto le odi, comunque te ne appropri. Le rendi sostanza della tua arte: i migliori capolavori della tua vita. Tuttavia è difficile che se ne accorgano: la maggior parte di loro lascia che tu ne faccia un romanzo, senza esserne consapevoli.

Mica ti vedono come li passi attraverso, no. Sei sempre e solo tu che vedi loro.

Infatti non ci credevo prima. Prima che mi capitasse per una volta il contrario, intendo: che mentre sei lí che scavi al solito fra gli occhi della gente, giri lo sguardo e all’improvviso sei costretta ad interromperti, perché ti rendi conto che c’è qualcuno che ti sta guardando dentro. Che riesce a farlo. Che il tuo sguardo lo regge, non lo abbassa. Che lo attraversa. Ti attraversa.

Non ci credevo, no. E probabilmente non ci credo neanche adesso.

Però è bellissimo.

È bellissimo e terrificante – dico – quando tu sei lì che vivi e crei per cercare di ricostruirti, e ad un certo punto arriva qualcuno che ti dice: “Ehi, trottola. Ma chi vuoi prendere in giro? Fermati un po’ e vieni qui che io ti ho già capita”.

G.

Giorgia Sandoni Bellucci
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