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Giorgia Sandoni Bellucci - Official Website | In amor vince chi fugge. Ma chi ama alla fine resta!
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In amor vince chi fugge. Ma chi ama alla fine resta!

In amor vince chi fugge. Ma chi ama alla fine resta!

Nel lontano 1981, un certo Marco Corradini, in una delle sue canzoni più famose, cantava «Prendi una donna, trattala male, lascia che ti aspetti per ore (…) e allora sì che ti amerà, chi è meno amato, più amore ti dà».  Gli Stadio qualche anno più tardi rincararono la dose, aggiungendo: «…Prendi una donna, rendila bella, tu credi che si ricordi te? Non c’è una donna che ti perdona, se tu la rendi più importante di te! (…) Una donna non ha più rispetto di te, se è sicura di sé!». Ma è proprio vero che più ignori una donna, più questa ti cerca? E al contrario, se la ricopri di attenzioni e regali, quella fugge per non tornare mai più? Si tratta di analizzare uno dei proverbi più vecchi del mondo, uno di quegli interrogativi esistenziali cui forse non si potrà mai trovare una risposta soddisfacente e che ci mette a confronto con una verità scomoda e paradossale: perché tutte desideriamo il principe azzurro, quello che ci ami e ci coccoli, che ci rimpinzi di regali e attenzioni, ma poi irrimediabilmente finiamo a letto col cavaliere nero che ci seduce e sparisce per poi ritornare di quando in quando a contagiarci la vita, come un’epidemia di peste? Non vogliamo togliere nulla a Kim Rossi Stuart e al bel faccino di quel bambolottone di Romualdo in Fantaghirò, ma neppure la Martinez con quella scodella anni novanta in testa, alla fine è riuscita a resistere al fascino oscuro di Tarabas, il bel mago nero che probabilmente se non fosse stato il protagonista di un fantasy, adesso se ne andrebbe in giro per le discoteche con un bicchiere di champagne costoso tra le mani, una lista di donne più lunga della sua bruna chioma ed un paio di malattie veneree attaccate al sistema immunitario. Perché noi donne sulla carta vogliamo un Romualdo, ma poi rimaniamo ammaliate da un Tarabas che rischi di ferirci e farci passare al lato oscuro? Come se inevitabilmente prima o poi il Romualdo della situazione potesse annoiarci e Tarabas non rappresentasse altro che il nostro ultimo desiderio di rivalsa; il vano tentativo di una ribellione alla nostra dittatura amorosa, a quella nostra rassicurante ma a tratti soffocante relazione stabile? Perché in amore si preferisce complicarsi la vita?

 

Scegliere di perdere tempo con chi ti toglie sentimento piuttosto che donartelo, e perché quando si ama, si avverte l’irrefrenabile desiderio di abbandonarsi completamente all’altra persona e allo stesso tempo però, qualora si decida di farlo, si rischia di vedere svanire il proprio sogno d’amore per sempre? Come mai ci affatichiamo ogni giorno nel ricercare l’approvazione del partner, la certezza di  godere del suo affetto incondizionato ma poi, non appena la otteniamo, inevitabilmente ci adagiamo e perdiamo interesse nei suoi confronti? Davvero dobbiamo rassegnarci ad essere nati sotto il gene della perenne insoddisfazione, come dicevano quei due musi lunghi di Leopardi e Shopenhauer? Davvero non conosciamo la ricetta per essere felici e dobbiamo arrenderci all’evidenza che ciò che ci trasporta verso l’altra persona non sia nient’altro che l’attrazione sessuale? L’istinto di riproduzione? Se così fosse, tutte le nostre storie sarebbero destinate a finire una volta perso l’ardore iniziale, la voglia di conoscersi, quella di spogliarsi. Insomma, la domanda è: siamo soltanto animali in preda alle pulsioni, come tutti gli altri esseri viventi? Conigli con qualche anno di evoluzione in più sulle spalle che pensano solo a soddisfare il proprio godimento fisico, o c’è di più? E se fossimo qualcosa di diverso, allora perché davanti a questa presa di coscienza, spesso e volentieri, proprio come loro, fuggiamo a gambe levate? Non sarebbe più semplice dare amore, quando lo si riceve e vivere felici e contenti per sempre? Davanti a questa miriade di domande, Platone nel Simposio sembra offrirci una risposta: secondo lui da un lato il desiderio amoroso nasce dal bisogno di essere totalmente appagato, e dall’altro si alimenta proprio della sua incapacità ad esserlo mai del tutto. In pratica, non possiamo pretendere di amare con la certezza di esserlo a nostra volta, perché la fiamma della nostra passione si mantiene viva soltanto nell’insicurezza del nostro riscontro. Si può amare anche infinitamente, a patto che l’altro non se ne accorga. Ma allora direte, dobbiamo rassegnarci a vivere la nostra relazione come un’eterna lotta? Come una gara a punteggio? Una partita a scacchi in cui uno deve ponderare al meglio le proprie mosse ed il primo che fa ammattire l’altro ha vinto? Non si corre il rischio di trasformare l’amore in una sfida ? Un gioco che non ammetta mai reali vincitori e in cui chi perde ne esca col cuore a pezzi? Sì, trasformare l’amore in una caccia alla volpe è sbagliato, ma allo stesso tempo lo è anche ridurlo ad una tombola natalizia. Se da una parte si rischia di far morire la nostra relazione di fame, dall’altra c’è l’eventualità di andare in iperglicemia. Non bisogna mai lasciar cadere il nostro amore nell’ovvietà della routine, offrendoci da soli l’occasione per un autogol sentimentale, molto meglio saperlo rinnovare attraverso una sana competizione. Non bisogna fuggire dall’altro ma sapergli andare incontro senza rinunciare alle proprie esigenze, perché in amor vince chi fugge, ma chi ama alla fine resta sempre.  Uno dei segreti più importanti per fare funzionare una storia, e cominciare a vedere il proprio partner come un buon compromesso tra Pete Doherty ed il principe William, è quello di preservare le nostre attitudini e rompere le ritualità! Se dobbiamo rivoluzionare la nostra tabella di marcia quotidiana per una relazione, facciamolo ma solo per eliminarla una volta per tutte! Non puntiamo ad organizzarci sentimentalmente la settimana come faremmo con i compiti a casa o le faccende domestiche, ma cerchiamo invece di viverci l’altra persona giorno per giorno, di coinvolgere il partner in attività sempre nuove ed il sabato sera imponiamoci di non capitare due volte nello stesso ristorante! Siamo propositivi per primi, ma allo stesso tempo accondiscendenti ed entusiasti di condividere un’esperienza diversa, qualora ci venga suggerita dall’altro.

 

Non insistiamo per voler incontrare il nostro ragazzo/ la nostra ragazza tutti i giorni, perché rischiare di perdere i nostri spazi per riempirli soltanto dell’altra persona, ci porterebbe non solo a cancellare l’amore dalla nostra relazione, ma noi stessi in primis! Noi Fenicottere, siamo convinte che l’amore e la libertà vadano sempre a braccetto e che tra un anello al dito ed un cappio al collo ci passi una bella differenza! Bisogna ricordare che non esiste amore laddove non arriva la libertà. Amare significa sentirsi liberi nell’unione con l’altro. E se è vero che «amor c’ha nulla amato amor perdona» e che chi si sente amato in fondo non può che amare a sua volta, basterà armarsi di questi piccoli suggerimenti per fare andare la nostra storia a gonfie vele ed evitare un naufragio sentimentale, senza incappare in un Don Giovanni camuffato da Romeo o al contrario in un Mr. Darcy, perfetto all’apparenza, ma con la carica erotica del Gabibbo. Per evitarci sofferenze, dobbiamo ricordarci che al mondo non esistono persone sbagliate o persone giuste a priori, ma che siamo noi a renderle tali all’interno della nostra vita: prendete quella poveretta di Penelope, la moglie di Ulisse, che se ne è restata per trent’anni come una disperata a filare e disfare una tela tutto il tempo, temporeggiando sulla scelta di un nuovo pretendente, soltanto nella speranza di rivedere un giorno quel bastardo cornificatore del marito, dopo che questo l’aveva piantata in asso a casa con un figlio a carico. Nella letteratura greca Ulisse viene raccontato come il marito miracolato che, affrontata un’odissea infinita per mare, ritorna a casa per fare giustizia, uccidere i proci, che hanno cercato di sedurgli la moglie e portargli via i suoi beni, mentre Penelope è considerata un esempio eccelso di fedeltà coniugale e di devozione familiare.

 

Per noi altre invece Penelope è soltanto una gran rimbambita! E’ la classica donna che, credendo che Ulisse fosse la persona giusta, ha sprecato gli anni più belli della sua vita, confidando nel suo ritorno, mentre quello se ne andava in giro per il mondo ad organizzare orge con maghe e principesse! A causa della fuga di Ulisse, Penelope si è preclusa una potenziale love story con uno di quei pretendenti che lei aveva etichettato fin da subito come sbagliati, ma che in fondo avrebbe potuto riservarle delle piacevoli sorprese! Possiamo concludere che in amore sia bene rivedere le fiabe, i principi ed il lieto fine quanto sia giusto in un certo senso fuggire (dall’abitudine e dall’eccessiva rigidità di coppia) e che allo stesso tempo, qualora si decida di rincorrere qualcuno, lo si faccia con cognizione di causa e per un periodo di tempo limitato! Onde evitare di farsi rovinare la vita dal primo tessitore d’inganni di turno e ritrovarsi a quarant’anni  senza un compagno/a e senza nemmeno una tela! Facendo tesoro di questi piccoli trucchi di emergenza, ricordiamoci tuttavia di non porre mai freno ai nostri sentimenti, perché Eros non sbaglia mai un colpo e la sua freccia non perdona. Come Kahlil Gibran, ci insegna, quando l’amore chiama, (e noi  aggiungiamo: anche il più oscuro!), seguirlo è inevitabile! Perciò fatelo, ma non dimenticatevi la torcia!

Giorgia Sandoni Bellucci
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