Costa Rei, 29/08/2016
(Costarei, Cagliari, 29 agosto 2016)
C’è un profumo di insondato e limoncella in ogni Sardegna. Di salsedine a fruscoli, mirto e vento tiepido.
C’è nella Sardegna dell’infanzia.
In quella dei primi amori…
E degli ultimi.
Intrappolato tra i capelli bagnati, i teli da bagno e le lenzuola.
Sospeso in fondo al cuore.
Tra gli ombrelloni colorati, storti dal maestrale e nei gigli di mare sparsi sulla sabbia al posto delle conchiglie.
Nello scolorire del tramonto, quando il traghetto delle otto taglia a mezzo l’orizzonte come un’arancia matura, prima che l’acqua torni blu, turchese, celeste; prima che faccia ancora a gara col cielo.
Lo ritrovo nei sentieri rugginosi di terra e di sterpi intrecciate come i capelli delle sirene, con le agavi lasciati a guardia dei cani randagi e le vacche smunte. Tra i fichi d’india, gli ulivi, i salici e le siepi di bouganville. Le decine di siepi di bouganville arrampicate sulle facce bianche delle case.
E poi in mezzo alle strade extraurbane che si avvitano come montagne russe su panorami esotici. Paesi arroccati sulle coste, nuraghe in rovina e vecchie col velo nero in testa.
La Sardegna sa di casa e di ferro. Dell’odore caldo e primitivo che ha la pelle sotto il sole. E le chiglie delle barche trascinate a riva. Del sangue e del mare che mi scorrono dentro e che mi ammalano ogni volta di un’inguaribile nostalgia.
A presto…