Siate affamati, siate nomadi.
Siate affamati, siate nomadi.
Perché anche se le città le fanno i grandi insediamenti, esse appartengono solo a chi ha la forza di attraversarle e amarle in movimento. Chi vuole viverle, senza abitarle; chi non le possiede.
Non attacchiamoci a verità di cemento, a certezze antisismiche; ma impariamo a ricercare quelle non a norma. A girare intorno ai fenomeni fino a farci venire il capogiro e a costruire lungo il percorso meravigliosi palazzi alati e cattedrali d’interpretazioni opalescenti, senza la pretesa di esserne gli unici legittimi proprietari.
Divoriamo il mondo, facciamone il nostro piatto preferito, come se ogni volta non ne avessimo mai abbastanza del suo significato; come se non avessimo mai assaggiato nulla di così squisito prima d’ora.
Lasciamo che ci brontoli il cervello per la fame di scoperte. Di rivoluzione.
Senza che nessuno ci dica mai che abbiamo mangiato o viaggiato abbastanza.
Come una generazione di famelici perfezionisti.
Di schiavi idealisti.
Come se fossimo voraci di professione.
G.
